La lunga marcia del berlusco-fascismo
Inviato da Lapo Pistelli il 24 maggio 2009
“… potevo fare di quest’aula sorda e grigia il bivacco per i miei manipoli…”
Il 3 gennaio 1925, dopo una crisi del regime durata alcuni mesi e causata dalla reazione dell’opinione pubblica al delitto Matteotti, Mussolini con un discorso muscolare alla Camera dei Deputati chiude la fase rivoluzionaria del fascismo, rivendica esplicitamente ogni responsabilità per i fatti degli ultimi tre anni e apre la fase della dittatura, quella in cui, in pochi anni e con poche radicali nuove leggi, il fascismo permea di sé ogni nervatura istituzionale ed ogni aspetto della vita sociale ed economica del Paese.
Sono in Parlamento da diversi anni ma non ho esitazioni ad affermare che la Camera è oggi ridotta concretamente ad un bivacco per i manipoli della maggioranza. Il dibattito serve puramente a fare trascorrere, senza ascoltare, il tempo riservato all’opposizione per poi votare secondo disciplina; l’iniziativa legislativa è per il 95% riservata al Governo e non più al Parlamento; quest’ultimo è schiacciato da un continuo ricorso al voto di fiducia motivato dalla immotivata ragione che ogni discussione è una perdita di tempo; gli annunci politici che contano si fanno in tv ai talk show della sera; alle interrogazioni e alle interpellanze con le quali si controlla e si indirizza l’operato del governo si risponde, se se ne ha voglia, con mesi di ritardo.
Il Parlamento non è di moda: una casta troppo ben pagata, cooptata e non eletta, piena di benefit veri e presunti (tanto smentire non cambierebbe la percezione generale), illuminata dalla ribalta televisiva solo quando si vota al posto del compagno di banco, si litiga o si mostrano striscioni, si mangiano fette di mortadella per festeggiare la caduta di un governo e si scagliano fascicoli contro i colleghi. Da lì a seguire - cioè a scendere la scala istituzionale - la contestazione riguarda consigli regionali, comunali, circoscrizioni, i luoghi istituzionali della politica e trova sempre nuovi aedi della critica radicale.
E’ in questa atmosfera di avvelenamento delle sorgenti, di progressivo svilimento delle istituzioni, sapientemente costruita nel tempo e contro il quale il Presidente Napolitano si batte come un leone, che Berlusconi ha fatto cadere, lieve come una piuma e velenosa come il cianuro, la proposta di un disegno di legge di iniziativa popolare per ridurre i parlamentari in Italia. Lo ha fatto due giorni dopo aver definito il Parlamento “pletorico” ed avere chiesto alla platea degli industriali pazienza verso un Premier che vorrebbe più poteri ma che è costretto a sprecare tempo in un’aula-bivacco che decide l’approvazione o il rigetto di un emendamento con il pollice dritto o verso con il quale si decideva al Colosseo la vita dei gladiatori. Un’altra usanza vera, un gesto per intendersi all’interno di un gruppo e per orientare il voto, che rafforza però non casualmente l’immagine della bolgia inutile, poco moderna, dispendiosa e frenante le migliori energie del Paese. Leggi tutto »
Tags: Benito Mussolini, Costituzione, Giacomo Matteotti, Martin Niemoller, Paolo Villaggio, Parlamento, Silvio Berlusconi
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