Sirte, Libia: l’incontro nella tenda con il “re dei re”
Inviato da Lapo Pistelli il 2 marzo 2009 - 23:03
Scrivo questi appunti al termine della visita-lampo con la delegazione italiana in Libia.
Prima l’incontro bilaterale con Berlusconi nella tenda in pieno deserto, con sfondo di dromedari, poi l’evento alla Jamayria, il grande Congresso del Popolo, un simulacro di parlamento in cui si celebra l’abbraccio fra la gente di Libia e l’amato leader, il colonnello Gheddafi.
L’occasione è lo scambio delle ratifiche del Trattato di amicizia, un atto che chiude (?) 40 anni di contezioso post rivoluzione, che riapre l’economia libica agli italiani i quali pagano il pegno all’occupazione coloniale: 5 miliardi di euro, 250 milioni annui per 20 anni in infrastrutture ed archeologia.
2000 persone in sala, fra queste una delegazione italiana con alcune vecchie glorie come Andreotti e Dini e qualche altro deputato che si è modestamente applicato alla materia come il sottoscritto. I libici hanno inteso non lasciare tutta la scena a Silvio, hanno ospitato Prodi ieri l’altro, hanno invitato con jet privato alcuni amici dell’opposizione per riconoscere un lavoro iniziato con Dini (quando era nell’Ulivo) con Prodi e D’Alema.
Lo dice Gheddafi però. Per Berlusconi la storia inizia e finisce con lui; nessun riconoscimento all’opposizione, una volta al governo. Ha fatto tutto lui, senza aiuto o consiglio. Siedo accanto ad un diplomatico che tiene il discorso del Silvio nazionale e ne sbircio il contenuto. Il premier lo ha imparato abbastanza bene, elogia Gheddafi mille volte (standing ovation della platea), celebra l’amicizia dei due Paesi, chiede perdono del tempo coloniale (sembra pentito come se fosse il nipotino di Italo Balbo in persona). Ma come un incontenibile dottor Stranamore, tre volte improvvisa e tre volte ooplà, riappare in tutto il suo magico splendore.
Silvio è fresco fresco del vertice di Sharm sul piano di ricostruzione per Gaza, sa che l’argomento piace nel mondo arabo e dunque racconta di una situazione insostenibile per i civili. Ed ecco la proposta che lui stesso ha fatto al vertice “un piano Marshall per la Palestina per costruire tanti alberghi e centri congressi così che musulmani e cristiani possano godere dei luoghi magici della Cisgiordania come Betlemme e Nazareth“. Ho un singhiozzo: ma Nazareth non sta in Israele? E siamo sicuri che i palestinesi di Gaza e Ramallah attendano proprio un albergo e palacongressi, magari pure con un centro benessere ?
Sono in sintonia con la platea che ricambia le roboanti dichiarazioni con un roboante gelo.
Appena il tempo di riprendermi e Silvio chiede scusa del ritardo della ratifica ma “nonostante la volontà dei due leader, il Parlamento ha perso tempo con le sue lungaggini“. Vorrei alzarmi e cacciare un urlo ma le facce del servizio di sicurezza mi fanno pensare che non sarebbe un gesto apprezzato. Il parlamento ha ricevuto il trattato il 15 gennaio e lo ha ratificato in entrambi i rami in 30 giorni, un record assoluto. Dal 30 agosto 2008, data della firma, al 15 gennaio il trattato è rimasto sul tavolo di Tremonti che non aveva la più pallida idea di come finanziare 250 milioni l’anno per 20 anni. Dettagli. Quando vuoi prendere un applauso, trova sempre un parlamento, un sindaco, un segretario di partito, un collega su cui scaricare la colpa. Garantisco che funziona.
La sessione scivola via fra un discorso e l’altro: tutti celebrano il leader, la lungimiranza della rivoluzione, la democrazia diretta realizzata con la Jamayria. È un film che ho visto da molte parti del mondo, ovunque vi siano autocrazie più o meno illuminate.
Gheddafi parla a lungo dell’errore storico della colonizzazione, sottolinea trenta volte che accetta le scuse degli italiani e che verrà quest’anno nel nostro Paese. È appena stato eletto presidente dell’Unione Africana; Berlusconi lo lusinga chiamandolo “re dei re”.
Fuori uno spettacolo di cavalli berberi che gareggiano, cori e slogan per il colonnello. La temperatura a Sirte è dolce e il tramonto africano, anche qui nel nord, sembra sempre quello di un altro pianeta.
Riparto a buio con gli occhi pieni dei colori dei vestiti delle delegazioni e degli incredibili disegni hennè sulle mani dei tuareg.
Andreotti è come sempre una inesauribile miniera di aneddoti nonostante i 90 anni festeggiati da pochi giorni.
3 marzo 2009 - 14:28 alle 14:28
Avevo giusto appena ammirato la foto dell’abbraccio Gheddafi-Berlusconi, in prima pagina sul 24 ore, e pensavo: ma dei due, chi è il brigante peggiore? bella gara…
3 marzo 2009 - 16:14 alle 16:14
Più che un piano Marshall il Nostro pensa ad un piano Milano 2. In fondo è, e rimarrà sempre, un milardario milanese che lavora in ditta. E’ il suo limite, che impedirà alla tragedia di compiersi, conservandoci, ancora a lungo, nello stato di spettatori di una colossale commedia tragicomica.
3 marzo 2009 - 16:20 alle 16:20
grazie per questo ” récit ” frizzante, eloquente, poetico .. ha il gusto di un racconto dei “40 ladroni nel mondo delle gaffes”